Ciao Michela, iniziamo parlando un po’ di te: chi sei, quanti anni hai e come mai ti sei avvicinata al mondo del volontariato internazionale?
Sono Michela, ho 23 anni e sono laureata in Relazioni Pubbliche. Non saprei dire esattamente quando è nato il mio interesse verso il mondo del volontariato, ma è qualcosa che mi è sempre appartenuto. Da piccola mi offrivo spesso come aiuto compiti doposcuola e durante le superiori ho fatto l’animatrice all’oratorio. Già allora ero molto incuriosita dall’Africa. Vedevo tante pubblicità passare in televisione con immagini di bambini africani che soffrivano e ricordo che ogni volta rimanevo perplessa e chiedevo a mia mamma perché loro avessero una vita così diversa dalla mia. Lo trovavo profondamente sbagliato e ingiusto.
La mia curiosità verso l’Africa mi ha portata a studiarla per conto mio avvicinandomi alla sua cultura e alla sua musica, ma la spinta definitiva è arrivata solo l’anno scorso quando mi sono imbattuta in Plannin’Around. Con loro ho finalmente deciso di dare ascolto alla voce che mi risuonava dentro e quindi di partire per l’Africa.
Mi è davvero difficile riassumere quell’esperienza, ma per farla breve posso dire che mi ha cambiato la vita e mi ha fatto capire che nel futuro voglio intraprendere una strada nel mondo del volontariato.
Come hai conosciuto Plannin’Around e perché hai scelto questa associazione?
Il 2022 è stato un anno di conoscenze meravigliose. Tra le persone che sono entrate a far parte della mia vita c’è anche Giovanni (o meglio, Johnny), il vicepresidente di Plannin’Around.
Una sera, dopo un concerto, Johnny ha iniziato a parlare della sua associazione e le sue parole mi colpirono profondamente. Fu un’illuminazione, sembrava destino! Era da tanto tempo che stavo cercando un’associazione con la quale partire ma fino a quel momento non avevo trovato proposte interessanti o progetti che facessero al caso mio. Mi sembravano tutti uguali.
Quella sera gli feci molte domande per approfondire la questione e alla fine mi misi in contatto con Plannin’Around. Lessi tutti i loro progetti disponibili sul sito e mi candidai per Writin’Around, un laboratorio di scrittura autobiografica, a Suguta (Kenya). Quando mi dissero che mi avevano presa, non potevo crederci! Finalmente realizzavo il sogno di una vita con un progetto che sentivo davvero mio. A partire dal colloquio di selezione mi sono da subito trovata molto bene. I ragazzi dell’associazione sono tutti giovani e il clima era molto friendly. A dirla tutta, in un primo momento il fatto che l’associazione fosse giovane mi dava qualche insicurezza, ma la mia si è immediatamente dimostrata una paura infondata. Fin dall’inizio si sono dimostrati tutti molto seri, competenti ed organizzati, cosa che poi si è confermata anche attraverso il supporto ricevuto sia durante la formazione che durante lo svolgimento del progetto in Africa.
I motivi per cui ho scelto di partire con Plannin’Around sono molteplici. Se dovessi riassumerli, direi sicuramente la contagiosità della voglia di mettersi in gioco che trasmettono i ragazzi dell’associazione. Sono in grado di instillare a tutti quanti la voglia di portare un cambiamento positivo nel mondo e di rendere i giovani parte attiva di questo cambiamento. La prima volta che li ho incontrati dal vivo ho pensato: “È così che si fa, è questo lo spirito giusto!”.
Rimasi molto colpita anche dal fatto che era prevista una formazione pre-partenza. Le associazioni in cui mi ero imbattuta durante la mia ricerca non offrivano corsi di formazione, requisito per me fondamentale. Prendere conoscenza, prima di partire, del contesto di intervento e del modo corretto in cui agire è molto importante perché i paesi interessati dai progetti sono molto diversi da ciò a cui siamo abituati. La formazione è stata essenziale per farmi sentire più preparata e quindi sicura e tranquilla. Il volontariato non è una cosa da prendere sotto gamba perché genera un impatto nei luoghi in cui si va ad operare e questo impatto deve essere studiato per essere il più significativo e positivo possibile.
Altra opportunità che avevo trovato interessante è stata Givin’Around, ovvero la possibilità per i giovani volontari che desiderano partire di promuovere la propria raccolta fondi anche attraverso il supporto di Plannin’Around. L’ho trovata una cosa molto bella perchè molti ragazzi magari non hanno la disponibilità economica per svolgere questo tipo di esperienza mentre con Givin’Around possono sostenere le loro spese e, inoltre, promuovere la cultura del dono perché il volontario spesso porta con sé qualcosa (materiali, medicinali..) da lasciare nel luogo in cui opera.
Quale è stato il tuo progetto e come è nata l’idea?
Io mi sono candidata per Wrintin’Around, un progetto già realizzato dai ragazzi dell’associazione. Prevedeva la realizzazione di un laboratorio di scrittura autobiografica, con l’obiettivo di insegnare ai giovani tecniche per scrivere delle proprie esperienze e della propria quotidianità. Il tema centrale era l’importanza della memoria. I ricordi sono preziosi ed è molto importante preservarli, tatuandoli su carta. Tutti i ricordi, sia quelli belli che quelli brutti, sono parte di noi e ci insegnano qualcosa. Elaborarli aiuta ad entrare più in contatto con sé stessi.
Quando Francesco, il presidente di Plannin’Around, ci spiegò il laboratorio di scrittura durante il corso di formazione, mi emozionai molto. Finito il corso ero determinata a trasmettere ai ragazzi l’importanza del “parlare con sé di sé”: come ci si sente, quali emozioni si provano, come si vivono certe esperienze, come prendersi cura della propria mente e aiutare il cervello ad accogliere tutti i ricordi, anche quelli meno belli. Il mio obiettivo finale era lavorare sull’accettazione di sé anche in funzione delle relazioni che instauriamo con gli altri. Durante il laboratorio, infatti, abbiamo toccato tanti temi diversi legati anche al rapporto con le altre persone e creato una memoria condivisa. Insomma, posso dire che Writin’Around non è stato solo un laboratorio di scrittura autobiografica, ma molto di più.
Quali sono state le difficoltà principali che hai riscontrato una volta arrivata a destinazione?
Nessuna difficoltà per quanto riguarda l’adattamento al nuovo contesto. Mi sono sentita subito a casa, a mio agio, aperta e libera. Probabilmente perché, grazie alla formazione, ero già entrata nell’ottica del contesto ed ero preparata. Inoltre, era da tanto tempo che volevo vedere l’Africa e in questi anni mi ero informata molto a riguardo. A volte, però, ammetto di essermi sentita un po’ a disagio. A Suguta le persone non sono abituate a vedere stranieri e questo ti porta inevitabilmente a suscitare la curiosità dei locali e a sentirti “diversa”, in minoranza. Però non l’ho vissuta male, anzi mi ha fatto riflettere e mi ha permesso di confrontarmi con le altre volontarie creando dei momenti di pura condivisione.
Per quanto riguarda il laboratorio invece, interfacciarsi con classi di ragazzi delle medie è un stato parecchio challenging. Gli alunni erano numerosi e la comprensione della lingua inglese era non era allo stesso livello tra tutti gli studenti. C’era chi capiva molto bene e chi un po’ meno ma alla fine ci si intendeva senza troppi problemi anche solo con i gesti. Come diciamo in Croazia: “S rukama i nogama”, ovvero in qualche modo, “con le mani e con i piedi”, ce la si cava.
Un’altra sfida è stata la vicinanza di età. I ragazzi erano molto svegli e collaborativi ma, a volte, vedendomi così giovane risultava complicato mantenere l’ordine in classe. Niente di ingestibile comunque.
Il corso di formazione ti è stato d’aiuto per capire meglio come strutturare il progetto e per incrementare il tuo impatto sociale?
La formazione è stata essenziale e ha senz’altro fatto la differenza. Già prima di conoscere Plannin’Around ero abbastanza informata riguardo l’Africa ma ad ogni modo non me la sentivo di partire perchè sapevo di non essere pronta. La formazione mi ha dato tutta la sicurezza di cui avevo bisogno. Durante la formazione c’è stato introdotto il progetto, la sua struttura e l’organizzazione. Il sostegno dei tutor è stato di grande aiuto e ha creato un clima di profonda fiducia. La formazione mi ha arricchita molto a livello personale perché mi ha resa più cosciente del contesto in cui sarei andata a operare, della cultura con cui sarei entrata in contatto, e consapevole dell’impatto che avrei portato.
Tu hai avuto sicuramente un impatto molto positivo sui bambini e sulle persone che hai incontrato, invece a te questa esperienza cosa ha lasciato?
Mi ha lasciato tantissimo, tanta consapevolezza in più su me stessa, sulle mie capacità ma anche sui miei limiti. Mi ha anche resa più cosciente dell‘importanza del ruolo del volontario e di come spesso questa figura venga sottovalutata. Per Plannin’Around, invece, il volontario acquista un ruolo fondamentale laddove ha il potere di portare un cambiamento reale nella vita di altre persone ed è pronto a prendersi questa responsabilità perché crede nella causa. Questo pensiero mi ha portata a sentirmi parte integrante di un gruppo più grande, una famiglia composta da persone che vogliono fare del bene spinti da un desiderio di cambiamento.
La tua collaborazione con Plannin’Around non è finita al tuo rientro ma continua ancora oggi, vuoi spiegarci il lavoro come Volontaria 2.0 che stai svolgendo per l’associazione?
Esatto, la nostra collaborazione non è finita e ne sono molto contenta. Al mio rientro ho partecipato a una riunione dei soci in cui i ragazzi hanno espresso la loro necessità di trovare qualcuno che potesse dedicare del tempo alla parte di comunicazione dell’associazione. Avendo fatto Relazioni Pubbliche all’università ho appreso tecniche per la gestione dei media, quindi mi sono offerta di dare una mano. Ad oggi mi occupo di pianificazione, programmazione, ideazione di contenuti e tutto ciò che concerne la gestione delle pagine social. Poi da gennaio ho iniziato a collaborare anche per la parte di recruiting.
Quindi, tirando le somme, rifaresti ancora tutto da capo?
Ti dico solo che quando sono arrivata a casa mi è arrivata una lettera da un mio ex studente, il quale mi ha scritto che il laboratorio gli è stato molto utile e che stanno continuando a scrivere in maniera introspettiva. Quando l’ho letta, il mio cuore è esploso di gioia perché mi sono resa conto che avevo raggiunto il mio obiettivo e che ero essere riuscita a trasmettere ai ragazzi l’importanza dell’analisi introspettiva che avevo sperimentato in prima persona durante il corso di formazione. Questo mi riempie ogni giorno di orgoglio.
Quindi, “sì, rifarei tutto, all’infinito”.