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STORIE DI VOLONTARIATO: l’esperienza di Eliana

In questa seconda puntata della nostra rubrica “Storie di volontariato” raccontiamo di Eliana e della sua esperienza di volontariato digitale italo-argentina finalizzata all’insegnamento dell’italiano a un ragazzo del barrio di Rosario. Nello specifico Eliana- ai tempi neolaureata all’ateneo di Bologna in Didattica dell’italiano come seconda lingua- ha dato la sua disponibilità per dare lezioni di italiano a Bulldog, un aspirante giocatore di Rugby nato in un quartiere difficile in Argentina.

Durante l’intervista ci ha raccontato tutte le sfumature di questa esperienza, mostrando ancora una volta come l’insegnamento vada molto oltre al semplice modello nozionistico.

Ciao Eliana, come hai conosciuto Plannin’Around?

Era da tempo che volevo fare volontariato ma non riuscivo mai per i miei continui cambi di città. Tutti i progetti richiedevano molto impegno su uno specifico territorio e io sono una persona che ama spostarsi. Allo stesso tempo volevo fare qualcosa di continuativo, impossibile da trovare se senti il bisogno di cambiare sempre location. Nel 2020 dopo essermi laureata è scoppiata la pandemia e dovevo imbarcarmi per un progetto in Spagna che ovviamente non è partito. Mi sono messa a cercare su internet e ho trovato i progetti di volontariato digitale Plannin’Around. Mi sono subito interessata perché non avevo mai pensato che avrei potuto fare volontariato da casa. Quando poi ho sentito parlare di insegnamento di italiano per stranieri ho mandato subito la mia application e sono stata scelta.

Da quel momento è partito il progetto che ha avuto la durata di circa un anno. Ho concluso le lezioni a maggio 2021.

Come è nata l’idea del progetto?

Il progetto non è stato ideato da me ma veniva proposto da Planning’Around. Loro già erano in contatto con l’associazione Los Tigres del Barrio, che si occupa sostanzialmente di aiutare i ragazzi e le ragazze a stare lontani dalla strada nella città di Rosario in Argentina. Bulldog, Lo studente che seguivo io, giocava a rugby nella squadra della comunità stessa, questo permetteva loro di trovare un’alternativa. Inizialmente eravamo tre, il terzo era un volontariato dell’associazione che seguiva le lezioni per dare una spinta al mio studente. E’ stato con noi per un periodo ma poi non ha più avuto modo di continuare. Il ragazzo che ho invece seguito stabilmente era un adolescente che sognava di venire in Italia a giocare a rugby, da qui l’interesse verso lo studio della lingua.

Parlami dell’associazione de Los Tigres.

Come dicevo l’associazione cerca di aiutare i ragazzi a non finire per strada. Si parla di un quartiere degradato della città. Rosario è la capitale dell’omonimo dipartimento, è una grande città metropolitana. Il ragazzo mi raccontava che era molto facile finire in situazioni scomode e pericolose. I suoi racconti mi hanno dato modo di avere un occhio più critico in riferimento ad alcune difficoltà organizzative che abbiamo avuto. Bulldog non rispettava spesso i nostri orari, talvolta addirittura non si presentava. Con il tempo ho iniziato a pensare che per lui presentarsi a lezione non è una cosa scontata come lo è per me. Soprattutto negli ultimi periodi faticava a rispettare i nostri impegni. Io ho provato a essere un po’ più dura, ma ho visto che non cambiava molto e quindi abbiamo perso un po’ di lezioni. Inoltre, il livello scolastico in Argentina è molto basso, l’impegno richiesto è minore rispetto alle scuole italiane. È comunque un peccato perché all’inizio era contento ed entusiasta di questa opportunità.

Benefici e problemi del volontariato digitale

Le difficoltà sono state veramente molte. All’inizio lui non aveva il wi-fi e doveva stare sempre al centro, ma non aveva comunque l’accesso al pc e quindi usavamo il telefono. Ricordo che cercavo di inquadrare con il telefono lo schermo del computer per fargli vedere il materiale che avevo preparato. Laura, una volontaria del Barrio, mi ha aiutato tantissimo. Stampava le schede che le inviavo e le portava direttamente a lui. All’inizio facevamo lezione anche per tre ore, cercavamo in tutti i modi di superare le difficoltà legate alla tecnologia. Il centro ha fatto poi in modo di installare una rete wi-fi a casa di suo papà e di fornirgli un computer. Tuttavia, i problemi non sono finiti. Infatti spesso gli impegni lavorativi del ragazzo si sovrapponevano ai nostri appuntamenti, per cui era difficile fare lezione anche per alcune settimane.

In ogni caso devo dire che è stata veramente una parabola ascendente. Avevamo iniziato in quarta e ci divertivamo tanto. Mi raccontava che aveva un amico italiano in Argentina con cui improvvisava conversazioni o andava al supermercato e si metteva a parlare in italiano con la cassiera.

Come era il rapporto fra voi? Mi sembra di capire che fosse abbastanza confidenziale.

Si era creato un bel rapporto: lui si apriva con me e mi raccontava della sua situazione, difficile comunque da comprendere in prima battuta. La condizione era di povertà. Quando gli rubavano qualcosa lui non poteva più ricomprarla, ricordo che è successo con gli auricolari.

Per quanto riguarda l’insegnamento, come strutturavi le tue lezioni?

Abbiamo visto le basi come i saluti e alcuni tempi verbali facili. Cercavo di insegnare parole del linguaggio comune. Lui era molto curioso, voleva sapere la traduzione di tantissime parole. Non era una lezione tradizionale. Faceva molta fatica a studiare. Ho provato molte volte a fare interrogazioni o esamini, spesso spariva in quei momenti. Io seguivo delle schede e poi avevamo iniziato anche un libro.

Barriere linguistiche, come superarle?

Sapere la lingua madre dello studente è fondamentale sopratutto all’inizio. Io per fortuna conosco bene lo spagnolo quindi interagivamo tramite la sua lingua madre. Ho provato qualche volta a parlare solo in italiano, e se avessimo continuato sarebbe stato necessario e sicuramente stimolante per lui. I problemi tecnici poi hanno influenzato molto, ma non è stata colpa della modalità in senso stretto, in questo caso la “DAD” andava a sommarsi ad altri problemi.

Cosa ti ha insegnato questa esperienza? Pensi abbia permesso alla tua figura professionale di crescere?

Mi piace lavorare con i ragazzi giovani e quest’anno sono volontaria del Servizio Civile Universale in Spagna. Mi occupo di sostegno scolastico. Sicuramente come insegnante non mi ha dato moltissimo dal punto di vista didattico, però mi ha insegnato l’importanza delle differenze culturali e personali di ogni studente o studentessa. Se insegni per esempio in un’accademia privata a stranieri in Italia il loro obiettivo è imparare sempre di più, spesso ti chiedono compiti aggiuntivi. È diverso dalla realtà che ho descritto prima.

In conclusione, cosa ti senti di dire rispetto a un eventuale “tiriamo le somme”?

Non mi sentirei di chiedere di più del sostegno che ho ricevuto sia da Plannin’Around che da Los Tigres. Mi spiace per come si è conclusa l’esperienza di volontariato, ma credo che proverà a contattarlo ancora e spero lui voglia ancora mettersi in gioco e seguire il suo sogno di venire in Italia.

Non voglio chiudere l’articolo con una nota negativa: le difficoltà fanno parte del lavoro dell’insegnante, e spesso i risultati non sono immediati. Alcune persone hanno bisogno di più tempo rispetto ad altre e spesso quello che trasmetti ha bisogno di tempo prima che sia interiorizzato. Credo fortemente in questo modello di volontariato, ma spero comunque che il progetto si possa realizzare anche in loco, magari aggiungendo alle lezioni a distanza dei periodi in presenza: sono convinta che sarebbe stato più facile trovarlo e portarlo di peso a lezione piuttosto che mandare solo messaggi.

In conclusione, ripensando alla mia chiacchierata con Eliana mi viene spontaneo riflettere sul ruolo centrale che le insegnanti e la scuola occupano nella vita delle persone e di ogni società. Questo articolo guarda infatti a due temi fondamentali e di attualità: l’insegnamento a distanza e le difficoltà didattiche nuove che si sommano a quelle presenti da sempre nella scuola, ovvero le differenze sociali. Che si tratti di un ragazzo di un quartiere difficile dell’Argentina, o di uno studente con difficoltà italiano, a intervenire spesso è l’abilità di un insegnante educatore, che vede nell’insegnamento la trasmissione di valori e la voglia di ascoltare e capire. In questo caso però parliamo anche di volontariato. Come si dice spesso, il volontariato interviene dove l’istituzione è più debole e carente, e chi meglio di una volontaria e di una comunità che si adopera per aiutare i ragazzi e le ragazze del proprio quartiere sono testimoni del fatto che abbiamo ancora molto da fare al riguardo. Come è facile perdere le speranze quando emergono difficoltà grandi da superare, è ancora più facile pensare che se veramente siamo in potere di fare qualcosa, e lo siamo, allora farlo è semplicemente un dovere.

Tiriamo le somme:

  • Il volontariato digitale è un’ottima opportunità se sei una viaggiatrice incallita come Eliana
  • Quando ti occupi di volontariato a distanza con adolescenti, il supporto di un’associazione presente sul territorio è spesso indispensabile
  • Prima di fare volontariato digitale procurati un manuale sull’uso dei computer e sii pronto/a ad ogni evenienza
  • I rapporti si possono instaurare anche a distanza, la gentilezza e la voglia di ascoltare superano qualsiasi barriera
  • Facendo volontariato digitale con un paese straniero la tua voglia di visitarlo crescerà e le conoscenze che farai ti potrebbero aiutare a organizzare un viaggetto sul luogo

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