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STORIE DI VOLONTARIATO – Arte in pillole con Sofia

Ciao Sofia, iniziamo parlando un po’ di te: chi sei, quanti anni hai e come mai ti sei avvicinata al mondo del volontariato internazionale?

Mi chiamo Sofia, ho 19 anni e l’anno scorso, dopo la maturità, sono partita con Plannin’Around per un progetto a Suguta (Kenya). 

Ho frequentato il liceo classico, ma ho presto capito che quella strada non mi rappresentava. La mia vera passione è sempre stata l’arte e il mondo del cinema. Quando ho conosciuto Plannin’Around e i ragazzi dell’associazione ho capito che i miei interessi si sarebbero potuti incontrare anche con il mondo del volontariato.

L’incontro con i ragazzi dell’associazione è stato molto casuale, all’epoca non ero alla ricerca di attività di volontariato internazionale, anche se sono sempre stata una persona sensibile al tema. Da piccola avrei voluto fare o la regista o il medico di guerra o la giornalista e, attraverso queste professioni, portare un cambiamento positivo nel mondo.  

Quando ho conosciuto Plannin’Around non sapevo bene cosa aspettarmi, in quel periodo stavo iniziando a piantare i primi semi per la creazione di una mia associazione culturale incentrata sul mondo dell’audiovisivo e Plannin’Around mi è stata molto d’aiuto e di ispirazione anche da questo punto di vista. Ho vissuto in prima persona cosa significa far parte di un’associazione giovane e ben organizzata, dove i ragazzi possono trovare il proprio spazio e lavorare in un clima di completa fiducia reciproca.

Sofia durante un corso di fotografia al Girl Child Rescue Centre

Come hai conosciuto Plannin’Around e perché hai scelto questa associazione?

L’anno scorso ho deciso di fare l’ultimo anno del liceo da privatista e l’istituto di riferimento al quale mi appoggiavo aveva organizzato un incontro insieme a Giovanni e Luca, soci di Plannin’Around. Quell’incontro mi ha aperto un mondo

In quel momento non stavo cercando associazioni che si occupassero di volontariato ma stavo solo guardando altre realtà associative dalle quali prendere spunto per creare la mia. Quello che mi ha spinto a partire con Plannin’Around è stata la filosofia con la quale hanno presentato l’associazione. Le parole di Giovanni e Luca mi sono rimaste impresse nella testa, parlavano di protagonismo giovanile in maniera non scontata, partendo dalla fiducia e dalla voglia di dare responsabilità e ascolto ai giovani. Una rivalsa nei confronti di una società che non ci considera e non ci vede mai abbastanza preparati. 

La fiducia dei ragazzi di Plannin’Around mi ha convinta a partire nonostante la mia giovane età. Mi hanno fatto credere in me stessa e hanno creato i presupposti per esplorare il mio potenziale. Fin da subito mi sono sentita accolta e a mio agio all’interno dell’associazione e, soprattutto, sicura. Plannin’Around è una realtà giovane ma anche molto professionale, cosa che si riflette molto nella sua organizzazione e struttura.

Quale è stato il tuo progetto e come è nata l’idea?

Il mio progetto si chiamava “Suguta in Action” ed è stato svolto presso la Suguta Consolata Primary School. Era incentrato sulla costruzione di attività extracurricolari connesse al mondo dell’arte basate sulla creazione di un personaggio attraverso practices del Character Design. Il progetto toccava diversi ambiti tra cui il teatro, lo storytelling e la comunicazione abbinati a tecniche di disegno per lasciare ai ragazzi contenuti più tecnici da approfondire e portare avanti anche dopo il laboratorio. 

Alla fine delle attività abbiamo realizzato un’esposizione dei loro lavori (circa 378 tavole) aperta alla collettività. Per la prima volta la hall di Suguta, un grande capannone dietro alla chiesa usato dai locali come strumento di raduno sporadico per attività come il catechismo e il cineforum, è stata arredata per un evento comunitario. Alla fine i visitatori potevano scrivere le loro impressioni su un libro delle dediche. Abbiamo anche organizzato dei tour guidati da noi volontari. L’evento si è rivelato un punto di incontro molto importante perché le persone si recavano lì anche casualmente e, quando si rendevano conto che il capannone era stato addobbato a mostra, rimanevano sbalorditi e la maggior parte si fermava per guardare l’esposizione.    

Questo è stato il mio progetto principale, poi ho avuto anche l’occasione di conoscere le ragazze del Girl Child Rescue Centre e fare insieme un laboratorio fotografico dedicato all’espressione.

L’esposizione finale nella hall del villaggio

Quali sono state le difficoltà principali che hai riscontrato una volta arrivata a destinazione?

Durante lo svolgimento del laboratorio ci sono stati alcuni momenti di scoraggiamento. Il primo esercizio che ho portato, associare diversi concetti tra loro, ad esempio, era molto astratto e quindi difficile da far comprendere e mettere in pratica. Però essendo un progetto basato sulla creatività, ho considerato ogni risultato come parte integrante del percorso

Per me è stato il primo viaggio in Africa, il primo viaggio fuori dall’Europa e fuori dall’Italia. Non avevo mai viaggiato sola. La prima sensazione che ho percepito è stata libertà estrema. Non stavo facendo una gita scolastica, ma un viaggio di volontariato grazie ad un’associazione che mi ha spinta ad uscire dalla mia comfort zone dandomi molta autonomia di gestione. I primi giorni in cui passeggiavo per Moshi sono rimasta sorpresa da come tutti mi guardavano e salutavano. Erano aperti e curiosi, quindi interagire con le persone del posto è stato semplice e naturale.

Il confronto con il contesto mi ha invogliata a imparare la lingua locale per poter comunicare in maniera più efficace. 

Sono sempre stata molto timida ma questa esperienza mi ha resa più estroversa e mi ha insegnato molto. Avevo paura di provare ansia di fronte ad un nuovo contesto e le sue sfide ma alla fine ho capito che, anche nelle situazioni più complicate, tutto si risolve con prontezza e raziocinio.

Il corso di formazione ti è stato d’aiuto per capire meglio come strutturare il progetto e per incrementare il tuo impatto sociale? 

Inizialmente non pensavo mi servisse così tanto, invece mi sbagliavo. Il corso di formazione è stato essenziale; ha trasformato il mio sogno, la mia idea, in realtà: un vero e proprio progetto da mettere in pratica. È stato lo strumento che mi ha permesso di iniziare a familiarizzare con le possibili difficoltà che avrei potuto riscontrare ancora prima di mettermi in viaggio, in modo da partire e arrivare preparata. Mi ha fornito nozioni che tutt’oggi uso per altri progetti in quanto legati a paradigmi universali e validi per l’intero mondo del no profit.

Tu hai avuto sicuramente un impatto molto positivo sui bambini e sulle persone che hai incontrato, invece a te questa esperienza cosa ha lasciato?

Questo viaggio è stato molto prezioso. Mi ha arricchita come persona, mi aiutato a mettermi in gioco e a farmi crescere. Posso tranquillamente affermare che mi ha cambiato la vita. 

Plannin’Around è stata il trampolino che mi ha spinta a prendermi più sul serio e mi ha donato gli strumenti per perseguire i miei sogni. Mi ha fornito la conoscenza che mi serviva sulla struttura e sull’organizzazione di un’associazione per poter coltivare il mio progetto personale: creare un’associazione culturale incentrata sul protagonismo giovanile.

Plannin’Around e il viaggio a Suguta mi hanno fatto capire che dare fiducia alle persone è una cosa sana. Bisogna sempre dare fiducia, aprirsi e condividere con gli altri in un’ottica di crescita collettiva.

La tua collaborazione con Plannin’Around non è finita al tuo rientro ma continua ancora oggi, vuoi spiegarci in che modo continui a collaborare con l’associazione?

Quando sono tornata i ragazzi di Plannin’Around mi hanno dato un’opportunità ancora più grande e di cui sono molto entusiasta e innamorata; ovvero mi hanno permesso di portare il mio laboratorio di Suguta anche in altre realtà e di insegnarlo ai futuri volontari. Quest’anno, quindi, sono diventata una docente formatrice, ciò significa che guiderò i ragazzi che partiranno quest’estate verso la realizzazione del progetto che abbiamo deciso di intitolare Creatin’Around. Creatin’Around riprende gli stessi elementi del laboratorio che ho portato in Africa l’anno scorso, Suguta in Action, con un focus importante sulla comunicazione, sull‘immaginario e sulla realizzazione di un evento con lo scopo di valorizzare un’ambiente e raggiungere la comunità

È una grande responsabilità che mi è stata affidata e ne sono onorata. Questo mi permetterà di crescere molto personalmente e di continuare il mio viaggio: questa esperienza non è finita tornata dall’Africa, ma è ancora in corso. L’anno scorso ho creato un laboratorio in linea con i miei principi, principi che verranno trasmessi anche dai futuri volontari in un circolo virtuoso.  

Oltre a ciò, mi sono cimentata anche in un ulteriore progetto. Partendo dal lavoro realizzato l’anno scorso, ho deciso di realizzare un corto animato per raccontare la realtà di Suguta utilizzando come protagonisti i personaggi disegnati dai ragazzi. Il corto si intitolerà “Mhusika Mkuu” (“Protagonista” in Swahili) dove per “protagonista” si intende la comunità. Sarà una raccolta, un insieme di storie scritte anche dai ragazzi del laboratorio, unite tra di loro grazie all’aiuto di giovani sceneggiatori italiani. La narrazione sarà in lingua Swahili (la lingua locale) con i sottotitoli.

Da poco è partita la raccolta fondi Givin’Around – Fund The Protagonist per la realizzazione del cortometraggio e, da amante del mondo dell’arte e delle sue forme, la mia speranza è quella di riuscire a dare maggiore visibilità alla Suguta Consolata Primary School e valorizzare i giovani artisti e il loro background per creare un confronto e dialogo tra culture.

Quindi, tirando le somme, rifaresti ancora tutto da capo? 

Assolutamente sì, senza pensarci due volte!

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